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La sinistra e la questione socialista - "Un pizzico di utopia fa sì che… "

Avviso ai naviganti

  25/07/2022

Di Redazione

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Dedicato (doverosamente) ai lettori – Questa rubrica continuerà come un fiume carsico nella testimonianza della nostra testata. Non solo perché siamo tirchi e non buttiamo niente, di ciò che costituisce contributo al pensiero ed al confronto dialettico. Ma, soprattutto, perché, come dimostrano le scalcinate prestazioni che vanno dalla seconda repubblica in poi, il tema, diciamo, “si presta”. 

Nelle ultime uscite il forum ha incrociato sovente la filiera del congresso del PSI (un riferimento non esattamente marginale della “questione”). Proseguiremo su questo binario fintanto che persisterà l'interesse editoriale (e politico) della coniugazione del filone principale con gli spunti post-congressuali e pre-elettorali. Poi, anche per una questione di deontologia editoriale, apriremo una rubrica di confronto delle parti in causa in vista del 25 settembre. 

Un ulteriore avviso ai naviganti nel mare della testimonianza che fa capo alla cultura politica e d alla militanza socialista. Per oltre 30 anni hanno convissuto con testimonianze diversificate il PSI e la Comunità Socialista. Dello stato del primo, anche con evidenze di ordine locali, abbiamo detto con una dettagliata cronaca congressuale ed annessi. 

La Comunità Socialista è (o, se abbiamo capito bene, sarebbe) il contenitore in senso lato delle espressioni che si richiamano alla cultura o alle culture del socialismo liberale, laburista e riformista. Per essere chiari tutti gli esponenti ed iscritti al PSI fanno riferimento alla Comunità Socialista (svincolata da regole impegnative che non siano quelle della lealtà). Non tutti tra coloro che animano la Comunità sono iscritti al PSI. La spiegazione è talmente banale che la risparmiamo ai lettori. 

Anziché costituire un handicap, la circostanza costituisce un elemento di arricchimento del potenziale di confronto e di ricerca politica. Rivolto in particolare alle zone, con uno stereotipo ma inappropriatamente, “grigie”; intendendosi prive di rango “militante” e di prerogative connesse. Insomma, un laboratorio; in cui ci si confronta e (come dimostra il contributo che pubblichiamo appresso), ispirati, non raramente, da rimandi diversificati, molto diversificati. A ben vedere si faceva così nei partiti storici della sinistra. Nel PSI (per 130 anni serbatoio di una militanza appassionata, idealistica e zavorrata da un irrefrenabile pensiero critico) sicuramente sì. Ma, anche, se in forme diverse della mordacchia del “centralismo democratico”, nel PCI. Il dato distintivo di ciò che è avvenuto dopo la Prima Repubblica è che non ci si confronta più, nei partiti e nei movimenti. Nella cui testimonianza prevalgono le spinte del leaderismo e della ricerca del consenso. Elementi che, con tutto il rispetto per chi li pratica, non troverete mai nella nostra azione.  

Fino al punto di arrischiare di apparire dei simpatici mattacchiotti. Categoria cui gli standards interpretativi correnti iscriverebbero d'ufficio una testata che fa una cronaca dettagliata del Congresso e, contestualmente, ne evidenzia alcune claudicanze e che pubblica il libero contributo del suo redattore (il cui apporto tecnico è determinante per le sue uscite) nel forum lettori. (e.v.

Caro Direttore, lo sai, ormai sono voce dissonante rispetto a molte questioni politiche oltre a quelle strettamente legate al PSI. E prima di esprimere un mio umilissimo parere riguardo alla “questione socialista”, devo fare un breve ma doveroso preambolo (seppure estremamente sintetico e passibile di imprecisioni). 

Se abbandonassimo i “soliti” paradigmi e osservassimo i fatti avvenuti negli ultimi trent'anni (almeno) da una prospettiva diversa, non si potrebbe non notare un "fil rouge" che indurrebbe chiunque dotato di intelletto a porsi delle sacrosante domande. In questo periodo, appunto, sono iniziate le più grandi opere di privatizzazione degli asset italiani, arrivate oggi a suon di mazzate, forse al loro epilogo con annessa distruzione del tessuto sociale ed industriale del Bel Paese. Qualcuno rileverebbe l'influenza da dentro e da fuori il Paese e la chiusura del cerchio ad opera di un certo “banchiere”, migliore fra gli illuminati...ma andiamo ai fatti. Di mezzo, per citare alcuni eventi: “Mani pulite” (1992-1994), le stragi di Capaci e di via D'Amelio, le trattative Stato-Mafia, le più recenti condanne ai poliziotti per i reati commessi durante il G8 di Genova (2001), la bolla speculativa dei subprime (2006-2008) e la deriva acclarata della magistratura politicizzata, i “governi tecnici” delle riforme, lacrime e sangue col progressivo annichilimento del Parlamento. Come ulteriore conseguenza, una qualità della classe dirigente costantemente al ribasso, Partiti alla stregua di comitati elettorali permanenti ed il crescente scollamento dei Cittadini.  

Salendo di livello, col Trattato di Maastricht (ma anche i precedenti ed i successivi accordi) si sono fatti più vivi sulla pelle dei cittadini i “vincoli esterni” volti a depotenziare le sovranità democratiche degli Stati e l'autodeterminazione identitaria dei Popoli. Non è poi un segreto che i fondi BlackRock, Vanguard e Ssga controllino finanziariamente la maggioranza dei Paesi nel mondo ed influenzino pesantemente le loro linee politiche, economiche e sociali (attraverso le agenzie di rating, ma non solo). E non è nemmeno un segreto che detengano quote di partecipazioni incrociate fra esse. Come dire: "un'assicurazione sulla vita". 

Nell'era cosiddetta "post ideologica", alla fine ha prevalso una sola ideologia, quella neoliberista della "turbo-finanza apolide". Ma non è solo una questione di potere economico, bensì anche e soprattutto di potere fine a sé stesso (per il tramite di quello economico-finanziario). 

Quello stesso potere che per governare le masse oggi si è ammantato di “dogmatismo scientifico” e ha fatto leva sulla paura della gente. Una scienza non più branca della filosofia e distorta nei suoi principi fondanti: il dubbio e l'empirismo! Della logica poi non parliamone, sovvertita quotidianamente grazie all'imbambolimento delle masse perpetrato dai media, asserviti al regime ed alle lobbies transnazionali. 

Cui prodest in tutte queste crisi?  

Andiamo poi all'informazione, quel "quarto potere" che si è trasformato: da controllore dei tre poteri statuali a fido cane da guardia del potere assoluto e macchina della propaganda governativa. Ma quando mai si erano visti giornalisti applaudire l'ingresso e l'uscita del Presidente del Consiglio in conferenza stampa per poi chiudere gli occhi di fronte a delle palesi fake news di Stato? 

L'EdP si potrebbe discutere sotto il profilo della linea editoriale, ma mai lo si potrebbe accusare di non essere un media libero. 

Si potrebbe dire lo stesso dei media cosiddetti “mainstream” (la Repubblica, La Stampa o l'Economist, per citarne alcuni, nelle mani di una certa famiglia “italiana”, di RCS, tra i quali il Corriere della Sera con La7 di Cairo, o, della galassia mass mediatica berlusconiana)? Se ci badiamo, vi sono giorni in cui gli stessi titoli (e a volte pure gli stessi contenuti) vengono veicolati, ripetuti ad nauseam con "voce unica" (ovvero, pensiero unico…) come se fossero veline passate (da chissà chi) nei diversi Paesi appartenenti alla sfera di influenza “atlantista”, svelando una chiara strategia della comunicazione. Si obietterà che dall'altra parte si fa la stessa propaganda. Va bene, ma allora quale supposta superiorità in termini di libertà possiamo vantare noi occidentali? 

Cade la foglia di fico di questi potentati con la fine del mondo unipolare e, ça va sans dire, totalitario a trazione atlantista (almeno per noi occidentali nella caverna di Platone), pervasivo quanto l'aria che respiriamo. 

Cade inesorabilmente con lo scontro provocato in Ucraina dalla NATO, alla faccia degli accordi di Minsk (in seguito della strage di Odessa del 2014, dalle similitudini col golpe cileno di Pinochet) e accettato sul campo di battaglia dalla Russia. 

La guerra in Ucraina ha scoperchiato il vaso di pandora. Lungi da me fare l'apologia della politica putiniana, la mia vuole essere semmai una umile esegesi dei fatti. Emblematiche queste sanzioni alla Russia, prime nella storia a danneggiare chi le ha dichiarate! Se in questo caso non volessimo cimentarci nel classico “cui prodest”, allora chiediamoci: chi ci sta perdendo?...troppo facile pure questa. 

Nessuna riduzione semplicistica dei problemi complessi, ma le regole della finanza non sono le tavole della legge. Ad esempio, se per assurdo eliminassimo dal vocabolario il termine "debito pubblico" -che dopo Craxi è sempre ulteriormente lievitato, alla faccia dei suoi detrattori- esso smetterebbe di esistere. Non si potrebbe dire lo stesso di un minaccioso vulcano attivo! Voglio semplicemente ribadire che di certo ed inevitabile c'è solo la morte. 

Lo spread (come il rating) è uno strumento di controllo delle politiche di un Paese. Se sai come viene generato quell'indice - ovvero non se ne conosce il meccanismo di funzionamento! - non puoi dire il contrario. Quantomeno è ineludibile una sua eterogenesi dei fini! 

Quando tutta questa "tecnica" viene assolutizzata e naturalizzata, essa acquisisce il valore dirompente di uno tsunami, quanto quello di una paradisiaca giornata di primavera in pieno inverno a seconda dei desiderata di chi influenza le sorti del mondo. 

Giungo alla conclusione che l'irrilevanza dei partiti odierni sia inversamente proporzionale alla loro funzionalità al “sistema”. 

Quale antidoto a questa stortura? In una Repubblica democratica gli unici veri “controllori” rimangono i Cittadini nell'esercizio della sovranità popolare che però si allontanano dalla Politica (e dalle urne) quando constatano di essere stati presi in giro; eliminando i veri conflitti di interessi (magari osservando dei periodi lunghi di “gardening” nel passaggio dalla finanza alla politica e viceversa, togliendo inerzia alle cosiddette “porte scorrevoli”); evitando l'accentramento dei poteri, a cominciare dall'oligopolio dell'informazione (che come detto si è ridotta a mera comunicazione, per usare un eufemismo); rimettere al centro la Costituzione italiana e l'equilibrio fra i poteri dello Stato per i quali si ricorre troppo spesso all'attività sussidiaria del Presidente della Repubblica. Nel bene e nel male. Dalle elezioni del 2018 e le conseguenti azioni di tutti gli attori istituzionali si evince come questi hanno mal interpretato (se non tradito) le aspettative del Popolo.  

Ecco che in siffatto contesto il piccolo PSI, tutt'altro che rivoluzionario sotto il profilo culturale, appiattito ed omologato al sistema, non conta e non conterà mai nulla (almeno a mio umilissimo parere). 

Questa la differenza sostanziale col PSI dal 1892 e quelli usciti dalla fine della I Repubblica.

Il riformismo liberalsocialista, poi, è morto schiacciato dal peso della neolingua, trita di anglicismi e ridotta al lessico tecnico (che nella sua reductio ad unum confonde patriottismo con nazionalismo) e dal bispensiero in stile orwelliano (la guerra è pace, la libertà è schiavitù...). 

Mi rattrista vedere il Partito più antico d'Italia rincorrere i diritti dei Lavoratori dal verso opposto, perseguire quelli civili in salsa arcobaleno a prescindere, seguitare a fare da ancella ad un altro Partito alla stregua di LEU o Articolo 1.  

La "sinistra fucsia - au caviar", per questo, vale quanto la "destra bluette". Completamente interscambiabili e funzionali alla matrix dei padroni del mondo. 

Dicevi bene, Enrico: "la politica è liquida". Ma diceva bene anche Bauman: "la società è liquida". Capire quale delle due sia arrivata prima per poi generare la seconda sarebbe un rompicapo al pari di quello dell'uovo e la gallina, se non fosse per l'"ingegneria sociale", in azione forse da molto più tempo di quanto si possa credere...dall'accidia nei confronti della scuola pubblica alla progressiva dis-informazione di massa. 

Ecco che non nutro speranza per questo "psi" e il socialismo che rappresenta che se non è innanzitutto libertario, allora non è! Men che meno per questi rappresentanti del socialismo, ingabbiati dalla loro storia e dal complesso di Peter Pan. Perché rimango convinto che il socialismo sia quell'idea che sta eternamente in bilico fra le derive aberranti del nazionalsocialismo da una parte e del socialismo sovietico dall'altra, unitamente al profondo senso di libertà, cioè di emancipazione dell'uomo (con la sua spiritualità o trascendenza) in perenne lotta con l'ordine ed il caos, fino a definire l'utopistica visione di una società in pace con sé stessa e la natura data. 

Come potresti insegnare tu a me, un pizzico di utopia fa si che la politica (o l'idea di socialismo) non si trasformi da 'mezzo' per un bene superiore a 'fine'. 

Per restare sul pratico, sono curiosi i dati a confronto delle amministrative di Milano e di Crema che nell'irrilevanza dei socialisti ha esaltato il lavoro dietro le quinte di Virginio Venturelli a Crema, in una coalizione di zombie al traino della Comunità Socialista! 

Meritoriamente, la differenza la fanno ancora gli interpreti all'altezza di questo tempo e non quelli già celebrati di un glorioso passato. 

Nella speranza di non essere frainteso dai Compagni della Comunità Socialista, ma che venga apprezzata la mia sincerità e coerenza nel perseguire gli stessi obiettivi attraverso un nuovo Partito, identitario e fieramente ideologico qual è Ancora Italia

Un abbraccio 

Tommaso 

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